sabato 13 ottobre 2012

Un anno fa

Qualche giorno fa, in macchina con Michi, sentiamo la radio, è l'anniversario della morte di Steve Jobs. Ci guardiamo con la stessa sensazione negli occhi che era ieri, ci diciamo: "Già un anno?". Ebbene sì, il tempo passa molto più in fretta di quanto non pensiamo.

E noi, Michi, dove eravamo un anno fa? Come stavamo? E io?

Un anno fa a quest'ora era passato da poco il primo weekend di tour con Amaya Dance Company di Manca Pavli e il suo "Infusion Project".Mi rivedo tesissima la sera della prima a Brescia, ricordo di avere ballato meglio di quanto non avessi sperato, ricordo l'emozione immensa di sapere le persone care sedute tra il pubblico, e ricordo un nodo in gola pazzesco al momento dei saluti e degli applausi. Serata davvero memorabile. Ce ne sono state parecchie dopo quella, di date, ma quell'emozione è stata diversa da tutte le altre. E per quanto io abbia sempre sostenuto e continui a sostenere che ogni volta che salgo su un palco è come se fosse la prima volta, e non c'è nulla di scontato o di più facile solo perchè lo hai fatto centinaia di volte, quella prima volta è stata magica e speciale. La ricorderò con amore per il mio entusiasmo candido e sincero.

In un anno dove sono arrivata? Ho fatto dei progressi? Mi sento una ballerina migliore? Credo di sì. Anche se determinate paranoie sono davvero dure a morire, il mio percorso verso il mio "centro" è andato avanti. Parlo del mio centro come di una specie di nucleo essenziale e puro di me, quello a cui voglio ispirare tutte le mie azioni, quello che a volte è scomodo e poco diplomatico, quello che mi fa avvicinare alle persone senza neanche sapere perchè, e che mi fa allontanare da altre spiegandomi il perchè.

Nel corso di quest'anno ho imparato miliardi di cose sulla danza, sulle persone, ho letto un sacco di libri, visto un sacco di film, passato miliardi di volte la mano sul pelo morbido dei mie i gatti, baciato infinite volte Michi, detto tantissime parole e scritto tante altre. E tutto questo lo vedo come una manifestazione del mio imparare cose su me stessa.Del riconoscere quanto di me è stato represso e mortificato nel corso dei mesi, degli anni.

A dicembre 2011 ho conosciuto una persona attraverso la quale sto imparando che non tutto quello che penso è sbagliato, che il confronto con gli altri non deve necessariamente essere una sconfitta per me, che so bene dentro di me quali persone voglio nella mia vita e quali no, che non sono nè pazza nè malata e che se le perone pensano una di queste cose è un problema più loro che mio.
E' vero che poi il lavoro ognuno lo fa dentro di sè , ma se non incontri la persona giusta, quella che ti dia il "la", puoi anche rischiare di non partire mai nel viaggio dentro te stesso. La cosa più sconvolgente di questa frequentazione è sapere che posso avere un parere nuovo e diverso su  quello che penso e che faccio, e che se la mia mente contorta trova sempre il modo di remarmi contro e di farmi sentire una merda, non è detto che io una merda la sia davvero.

Ho imparato a dare un valore e un significato tutto nuovo all'amicizia, quando nella mia vita certe esperienze mi hanno fatto perdere fiducia nei rapporti sinceri  e mi hanno fatto pensare che non mi sarei mai avvicinata a nessuno nel modo ingenuo e senza barriere in cui mi ero aperta. Bisogna prendere le misure con gli altri, sapere che non pensano nello stesso esatto modo in cui pensi tu, avere pazienza, essere sinceri, anche se la sincerità ha spesso un prezzo di lacrime e silenzi.

Nel mio passato ci sono state almeno due grandi amicizie che si sono interrotte così, da un giorno all'altro, senza che avessi il tempo di capire o abituarmi all'idea. Il tempo mi ha insegnato che avevo dei modi troppo appiccicosi e intransigenti di mostrare la mia amicizia, e ho imparato che non c'è nulla di male a mantenere una distanza anche con le persone più care. E non parlo di quella distanza che fa rima con diffidenza. Parlo della distanza che ti fa mantenere la tua integrità di persona anche quando vuoi tanto bene a un'altra.

Con i fidanzati è un altro discorso, lì la faccenda per me è ancora più complicata. Ma ora so che le amiche che ho sono persone con cui ho scelto di essere onesta, e che difficilmente usciranno dalla mia vita.

Amo la solitudine e i mie spazi, senza mi sento persa. Amo le giornate come ieri, tutto il giorno in casa a cucire, mi sono interrotta solo per ascoltare le mie amiche: al telefono con la Vale (ieri credo abbiamo sforato l'ora di conversazione), un caffè con Elisa, le cui ginocchia sono diventate in tre secondi il divano di Tigro, un the con Serena, e qui Tigro si è spaparanzato in mezzo a noi...Anche solo un anno fa almeno in parte avrei visto queste visite come vere e proprio "intrusioni" nella mia giornata. Ora invece le apprezzo perchè ogni telefonata, ogni parola mi ricorda che esiste qualcosa di speciale, di molto bello in quello che mi lega a queste persone.

Nell'ultimo anno è stato come aprire gli occhi in tanti modi, anche sulle persone che da tempo erano intorno a me. E' stato capire che alcune non mi fanno stare bene, e che altre mi danno una gioia inaspettata.

Mi chiedo spesso che tipo di amica sono io, invece. Ragiono sempre in base al principio di non fare agli altri quello che non voglio gli altri facciano a me, quindi non giudico, ma se posso ascolto e do un consiglio, o provo a vedere la situazioni in un'altra luce, provo a raffreddare gli animi quando sono troppo accaldati. Perchè mi accorgo che sono io ad avere bisogno di tutte queste cose: di un diverso punto di vista, di ascolto, di un abbraccio.

Nella mia testa vedo la risata di Serena, il tono di voce di Vale che cambia quando parla con la sua bimba, vedo Silvia che gioca con Miele, vedo lo sguardo furbetto della Bizzi. Ognuna mi ha aperto un pochino il suo cuore, e farò del mio meglio per maneggiare con la massima delicatezza quello che di fragile e prezioso avranno voglia di regalarmi.

Vedo che la vita è fatta di onde, non so se pensarle come maree o semplicemente onde, che ti portano in alto sulla cresta, o ti  affondano con il loro peso. Ognuno di noi vive periodicamente delle fasi cicliche di alti e bassi, di gioia e tristezza, di "oggi spacco il mondo" e " oggi mi metto sotto le coperte e non ci sono per nessuno". Ecco, un'amica c'è, che tu sia sulla cresta dell'onda o arranchi sul fondale, è lì e prende atto del tuo stato d'animo. Ne prende atto. Solo questo.

C'è un pezzo dei Massive Attack che mi viene sempre in mente quando penso ai rapporti. Alla tristezza che a volte sembra irrisolvibile, alla disperazione che sembra senza scampo. Si chiama "Protection", parla di una ragazza in difficoltà, che ha bisogno di un riparo, che non ha fiducia in se stessa e nelle persone. 
E tu hai il potere di farla stare meglio. Usalo, questo potere, perchè starai meglio anche tu. Il verso che preferisco è : "But could you forgive yourself if you  left her just the way you found her?". Come fai a perdonarti sapendo che non hai fatto nulla, quando sarebbe così facile?

"You can't change the way she feels but you could put your arms around her" - Non puoi entrare nella sua testa e convincerla di tutto il bene nel mondo, non puoi cambiare il modo in cui si sente, ma forse anche sì. Comincia con un abbraccio, poi forse anche il gelo più gelido si scioglierà.




2 commenti:

  1. la DISTANZA. concetto sacro e santo.
    non smettere di scrivere.

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  2. Gotta have Faith...Faith...Faith...Baaaaabbyyyy!!!

    :)

    scusa attimo di delirio..

    MAI !non smetterò MAI!!!

    love you!

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