venerdì 28 settembre 2012

Il mondo di Amélie

Oggi sono inversa. Mi sono alzata con una mal di testa che non ha voluto andarsene da ieri sera nonostante gli antidolorifici presi.Mi ha tenuto compagnia tutta la notte, ovviamente impedendomi di dormire bene,ed era così ingombrante che non saprei dire se occupava più spazio lui o Tigro sul mio cuscino (ogni tanto mi giro nel letto e il mio naso affonda nel nobile pelo di Tigro che si accomoda sul cuscino in tutta la sua elegante prestanza, ma meglio se sotto le coperte e con la testa sul cuscino - fa più umano). E' uno di quei mal di testa che decide da solo quando passare, di quelli che non riesci neanche a tenere gli occhi aperti, parlare ti scoccia e anche mangiare non è cosa molto gradita. Non mi resta che aspettare con pazienza che decida di interrompere la convivenza col mio cervello. Aspetterò pazientemente.

Intanto leggo "Duma Key" di Stephen King; non ho  ancora deciso se mi piace o no, nonostante abbia oltrepassato pagina 300.
E penso e ripenso che mi piacerebbe invece parlare della mia scrittrice preferita, una donna i cui libri sono tra i più rivoluzionari e insoliti che mi sia capitato di leggere. Pensando a lei, e a uno modo per descrivere i suoi libri, mi viene in mente il termine "disturbing", che potrei tradurre solo con una perifrasi del tipo "che provocano una reazione quasi disgustata" nel lettore.

Quando leggi Amélie Nothomb, non puoi non provare un senso di disgusto. Non puoi non essere almeno un minimo schifato. Perchè i suoi personaggi hanno caratteristiche mentali o fisiche che te li fanno diventare disgustosi, ti fanno arricciare il naso. Il che non avrebbe senso se tali personaggi rimanessero disgustosi e basta. Hanno invece una forte componente di fascino, di attrattiva. Forse proprio perchè abbiamo bisogno di soddisfare il nostro gusto dell'orrido, dell'inconsueto, del poco normale. Forse perchè sono i difetti portati all'esasperazione che ci provocano un senso profondo di interesse.

Sul suo sito, che devo dire di non avere mai frequentato, ci sono tutte le info sulla sua biografia, sul modo in cui scrive, su tutti i suoi romanzi. Devo dire che non mi è necessario conoscere quante brioche mangia Amélie, sapere se è vegetariana e se dorme bene la notte. Quello che scrive la rende già abbastanza straordinaria ai miei occhi.
Cioè se la incontrassi per strada non so cosa mi verrebbe da chiederle. Non saprei cosa dire. 

Certo è che alcuni suoi romanzi sono rimasti a lungo nei miei occhi e nella mia mente, a lungo dopo averli riposti nel loro scaffale.

E l'ultimo di questi è il suo penultimo, si chiama "Une forme de vie".
Racconta dello scambio epistolare tra l'autrice e un soldato americano a Baghdad. Il soldato elegge Amélie a sua confidente, e sceglie di raccontarle la sua vita, la sua obesità, le sue speranze. Ma se è vero che niente è come sembra, Amélie scopre presto che la verità dei racconti del suo interlocutore è in gran parte fondata sulla distanza tra di loro, e sulla possibilità di schermarsi dietro a una lettera, a una email, alla mancanza della presenza fisica.

Quando sono arrivata alle ultime pagine, mi ricordo di avere esclamato qualcosa tipo "No cazzo!!!", ammetto che il finale è la parte più inverosimile e frustrante del libro. Ma forse perchè le prime 90 pagine sulle 150 creano troppe aspettative, sono dense in un modo tale che ogni finale verosimile sarebbe banale, o forse troppo poco "Amélie Nothomb".

Certo è che per giorni non ho fatto altro che pensare alle ragioni del soldato, che si scoprirà essere non un soldato ma un ragazzo obeso che non esce da anni dalla sua stanza, che vive attraverso uno schermo e una tastiera, che inganna la sua eroina per non mostrare da subito la sua ingombrante persona. 

Amélie Nothomb ha il dono di raccontare in modo straordinario certi modi in cui può funzionare la mente umana, e trovo che le motivazioni che la animano nella scelta dei temi, dei personaggi e delle situazioni, siano sempre molto lontane dall'ordinario.
E per quanto a volte tali motivazioni abbiano come punto d'arrivo scene del tutto assurde e inverosimili, quello che rimane è sempre il pensiero verso qualcosa di reale, e molto più vicino a noi di quanto forse non pensiamo.

Amélie Nothomb mi piace perchè credo di poter dire che è una "No ordinary kick-ass writer".

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